Soli ma insieme: come aiutare bambini e adolescenti in lutto, di Davide Sisto
http://solimainsieme.it/), nato dalla collaborazione tra due enti non profit, FILE (http://www.leniterapia.it/) e Gruppo Eventi (http://www.gruppoeventi.it/). Si tratta di uno dei primi siti web italiani dedicati a bambini e adolescenti in lutto e, di conseguenza, agli adulti – familiari e insegnanti – che li seguono in questo momento delicato della loro vita. L’idea a fondamento del sito è estendere anche alla Rete il lavoro che le due organizzazioni svolgono quotidianamente con i gruppi di Auto Mutuo Aiuto per le persone in lutto. Ne parliamo con la responsabile, Livia Crozzoli Aite.
Oggi vi raccontiamo il sito web “Soli ma insieme.Un sito per bambini e ragazzi in lutto” (Il sito internet è diviso principalmente in due sezioni, una dedicata ai bambini e una agli adolescenti. Quali sono le domande più frequenti dei bambini in lutto? Quali invece degli adolescenti in lutto? Come cambia la percezione della morte tra l’età infantile e quella adolescenziale?
I bambini, fin da piccoli, risentono profondamente dell’assenza della persona cara, anche se non sanno esprimere a parole le emozioni e i sentimenti che provano, né conoscono inizialmente il significato della parola “morte”. Man mano che cominciano a comprenderne il significato, in seguito alle proprie osservazioni interiori e alle sollecitazioni esterne, pensano che la persona morta possa magicamente tornare a vivere e domandano: “quando tornerà?”. Con il passare del tempo, si meravigliano pertanto che non torni: “la nonna è ancora morta?”, per citare il titolo di un libro di Alba Marcoli. Crescendo, i bambini capiscono il carattere definitivo dell’assenza e pongono domande molto semplici riguardanti sia la persona defunta (“dov’è?”, “dove dorme?”, “cosa mangia?”, “mi vede?”) sia se stessi e le proprie emozioni (“mi manca tanto, come farò senza?”, “non la vedrò più?”, “che ne sarà di me?”). Con la maturazione intellettiva e con una acquisita capacità di introspezione, formulano infine domande e osservazioni sempre più mature: “perché si muore?”, “tutti muoiono, quindi morirò anch’io?” e via dicendo.
L’adolescente, invece, appropriatosi dei concetti di irreversibilità, cessazione delle funzioni vitali e universalità dell’evento, ha una piena consapevolezza sia dell’inevitabilità della propria morte sia delle ripercussioni che la perdita del familiare avrà sulla sua vita. Come abbiamo scritto nel sito: “Il lutto nell’adolescenza è come una marea: porta con sé onde d’urto emozionali violente e impone un ripensamento di sé, delle relazioni con gli altri, del mondo e del senso della vita”. Ecco alcune delle domande degli adolescenti: “perché proprio a me?”, “quanto durerà questo dolore?”, “come farò senza la sua presenza?”, “perché mi sento così diverso dagli altri?”, “perché vivere se poi si muore?”.
Nelle richieste di aiuto dopo un lutto ci sono delle differenze di genere nei bambini e negli adolescenti?
È una domanda a cui è difficile rispondere. Per ora, nel sito, da poco online, non sono affluite domande dirette che possano chiarire questo aspetto. Ma l’esperienza clinica mi fa dire che i bambini, ma anche gli adolescenti, per motivi diversi non chiedono solitamente aiuto e cercano di evitare il dialogo e il confronto su eventi così dolorosi. Anche se poi emergono comportamenti, malesseri o malattie psicosomatiche che sono da considerarsi come equivalenti del lutto! Per tale ragione, abbiamo inserito nel sito una parte molto ampia dedicata agli adulti – familiari e insegnanti – per renderli consapevoli di ciò, di modo che vi possano porre attenzione.
Mi ha colpito molto la domanda, nella sezione degli adolescenti, se è sbagliato divertirsi o andare alle feste dopo un lutto. Questa domanda mi fa pensare al legame tra il lutto e il senso di colpa. Riguardo a questo legame, c’è una differenza sostanziale tra l’età infantile e l’età adolescenziale?
Provare rimpianti, scrupoli e sensi di colpa è un vissuto comune, sia nei bambini che negli adolescenti. È parte integrante del lutto: c’è timore di aver trascurato e fatto arrabbiare la persona che non c’è più, di averla odiata o di averle augurato la morte in un momento di rabbia. I bambini tendono a concentrarsi maggiormente sugli avvenimenti del passato, mentre gli adolescenti sulle problematiche del presente, dal momento che stanno già vivendo una fase delicata di crescita. In particolare, i più grandi si sentono in colpa per i sentimenti ambivalenti che provano nei confronti di chi non c’è più. A volte, desiderano non farsi troppo coinvolgere dal dolore che segna la famiglia, di modo da poter riprendere una vita normale con i coetanei e non sentirsi troppo diversi e in difficoltà. È bene aiutare i bambini a esprimere i loro vissuti, a rassicurarli e a far loro sperimentare momenti piacevoli di distrazione e divertimento, spiegandogli che la vita deve riprendere il suo corso. Sono in genere i grandi che organizzano le attività che alleggeriscono il peso della perdita e del dolore della famiglia in lutto, mentre dagli adolescenti ci si aspetta che trovino in se stessi l’energia per ricominciare a vivere.
Bambini e ragazzi, anche se vivono situazioni piacevoli di divertimento e di allargamento dei propri confini, non dimenticano chi non c’è più: il dolore della perdita e dell’assenza resta profondamente radicato dentro di loro, anche se non ne parlano e non lo danno a vedere.
Come ci si comporta con i bambini e i ragazzi in relazione al suicidio di un parente o di un amico?
Comunicare a un bambino e a un ragazzo che una persona della famiglia si è tolta la vita è una delle situazioni più difficili e delicate da affrontare, anche perché in famiglia tutti sono sconvolti e disorientati, impegnati in molteplici aspetti pratici e legali, nonché molto incerti se rivelare o meno la verità. In genere si tende a non darne notizia, rimandando il discorso soprattutto con i bambini. Si desidera, infatti, proteggerli e si teme di spaventarli e di provocare dolore, dal momento che il suicidio, per una molteplicità di motivi (soprattutto la vergogna sociale), è difficile da sopportare e comprendere anche in età adulta. In realtà, se ne dovrebbe parlare in maniera semplice e comprensibile, cercando una situazione di vicinanza affettiva, procedendo a tappe e rimanendo attenti e disponibili, in ascolto delle domande, delle osservazioni e delle reazioni che accompagnano il dialogo sia con il bambino sia con l’adolescente, che su questo tema è molto sensibile. È meglio che il bambino e il ragazzo apprendano la verità da una persona cara piuttosto che da un estraneo, magari per strada o nel cortile della scuola, luoghi nei quali può accadere che la verità sia detta senza cautela.
Il ricordo della persona morta. Come cambia l’esperienza del ricordo tra l’età infantile e quella adolescenziale?
I bambini piccoli hanno sicuramente meno ricordi rispetto agli adolescenti. Ma gli adulti, nominando la persona amata scomparsa e rievocando le esperienze vissute insieme, tengono vivo il ricordo e la “presenza” di chi non c’è più. La memoria della vita vissuta insieme è un aspetto importante che aiuta il processo di elaborazione del dolore e del lutto. Per questo motivo, nel sito si invitano i bambini a raccogliere e conservare oggetti significativi (biglietti d’auguri, foto, regali fatti e ricevuti, ecc.) a disegnare e descrivere i momenti vissuti insieme (nel gioco, in vacanza, al cinema, in moto, allo stadio, ecc.) e a fare una descrizione della persona, di modo che rimanga nel tempo, a livello interiore ed emotivo, il suo ricordo.
Gli adolescenti, invece, avendo avuto un’esperienza di contatto più lunga con chi è mancato, dispongono di maggiori strumenti personali e di maggiori possibilità per ricordare le esperienze condivise, i momenti piacevoli, dolorosi e difficili. Anche se, per l’età che stanno vivendo, sono interessati maggiormente a impegnarsi nelle proprie esperienze di vita. Certamente, col passare del tempo alcuni ricordi si affievoliscono e mutano; rimane l’essenza della relazione, in quanto la raffigurazione interiore della persona, a cui si era legati affettivamente, dura tutta la vita.
Quali sono le difficoltà maggiori degli adulti, in una società come la nostra in cui si fa fatica a parlare della morte, nei confronti delle domande dei bambini riguardo alla morte e alla perdita di un proprio parente o di un proprio amico? Quali consigli si possono dare agli adulti?
Gli adulti, essendo per primi impreparati a reggere l’impatto della morte, credono che non si debba condividere con i bambini il dolore per la perdita di un familiare. Pensano che siano troppo piccoli per capire o troppo impressionabili e fragili per reggere l’evento; temono, inoltre, le loro reazioni e pensano di non saperle gestire o di commettere errori o addirittura di danneggiarli provocando ulteriori sofferenze. Ma i bambini non vanno lasciati soli: meglio il pianto, il dolore e gli affetti condivisi che l’esclusione o il silenzio. Infatti, il silenzio degli adulti non protegge dalla sofferenza e non preserva dalla paura e dallo smarrimento, né fa diventare i bambini più maturi. Se il bambino partecipa agli eventi e viene informato in modo semplice e realistico, in linea con la sua età e con la sua capacità di comprensione, facendo sì che comunichi i suoi sentimenti e interrogativi all’interno di un rapporto di fiducia e di dialogo, egli avrà maggiori strumenti per esprimere e interpretare le emozioni e i sentimenti, propri e altrui.
L’adulto in grado di dare ascolto al bambino, di creare un contatto fisico e caloroso, di rassicurarlo e incoraggiarlo a esprimere i propri sentimenti offre la possibilità di ricordare la persona morta e di interiorizzare l’esperienza psichica della protezione ricevuta.
Molto interessante è il blog interno “La piazzetta”, dedicato ai ragazzi in lutto. Penso sia molto terapeutico per un adolescente scrivere del proprio dolore per la morte di una persona cara e quindi condividerlo con gli altri. Soprattutto, tenendo conto di come generalmente sia ritenuto sconveniente farsi vedere fragili dai propri coetanei. Cosa puoi dirmi a riguardo?
Il blog è il nostro tentativo di offrire agli adolescenti uno spazio moderato, ma non facilitato, in cui possano comunicare e interagire con altri coetanei oppure, semplicemente, dare libero sfogo a ciò che può risultare difficile esprimere in altri contesti. È necessario iscriversi per poter inserire un post, poi però il ragazzo può anche partecipare in forma anonima, se preferisce. Tutta la sezione destinata ai ragazzi tiene conto di quanto sia difficile per gli adolescenti esporsi in prima persona: é per questo che abbiamo inserito moltissime testimonianze, con lo scopo di non far sentire il singolo ragazzo solo e unico nella dura esperienza della morte di una persona cara.
Ho visto qualche settimana fa il film “Captain Fantastic” in cui una madre di sei figli, affetta da disturbo bipolare si uccide e il padre annuncia tranquillamente la notizia ai figli, in base al principio per cui non si deve mentire.
Il padre è convinto di essere migliore dei suoi simili e vive al di fuori dalla società consumistica che disprezza. Dopo aver trascinato la fragile consorte a vivere nelle foreste del nord-ovest americano, si trova a dover portare i figli al funerale della loro madre, celebrato con rito cristiano in chiesa e ad affrontare la famiglia della defunta – ovviamente non amichevole nei suoi confronti.
Durante una cena, la notizia del suicidio viene ripetuta di fronte ai cugini adolescenti che rimangono stupiti dalla brutalità della comunicazione. Infine, dato che era volontà della moglie essere cremata e le ceneri letteralmente buttate giù da un cesso qualunque, il vedovo e i figli diseppelliscono il feretro e lo bruciano tra le montagne in cui vivono. Non so quanto realistica sia la scena di una solida bara che brucia sopra un falò….
Comunque, ho trovato disturbante sia l’assenza di dolore/lutto nei figli e nel marito – che durante la cremazione cantano e ballano come degli hippies dementi, sia la scena in cui le ceneri vengono effettivamente gettate nel cesso di un aeroporto. Non ho esperienza di elaborazione del lutto in bambini e adolescenti, ma i ragazzi di questo film mi sembrano quasi mostruosi per la loro semi-indifferenza…. anche se forse dovrebbe essere interpretata come filosofica accettazione.
Infine, il modo in cui si djsfano delle ceneri mi sembra totalmente privo di rispetto, per quanto irrazionale sia la mia reazione. Sono consapevole del fatto che i resti umani sono per l’appunto “resti” che assumono speciale sacralità solo perché la doniamo noi. Ma io non potrei gettare via in quel modo neppure le ceneri del mio gatto, figuriamoci di mia madre. Gettarle all’aria aperta o sul mare mi sembra diverso, anche se in fondo si tratta della stessa azione. Oppure no? Ci muoviamo in un mondo di simboli, non solo di oggetti “reali”, la ritualità ha le sue ragioni per offrire conforto a chi resta.
Non vedo un grande conforto nell’affermare che chiunque può essere gettato come rifiuto corporale.
Chiaramente, il film non mi è piaciuto.